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Le origini della festa della Befana

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Epifania: la festa della Befana
Le 12 notti dopo il Natale terminano con la festa della Befana. Una vecchia, spettinata, brutta, vestita di stracci e, nonostante questo, prodiga di regali e di dolciumi per tutti.

L’origine della festa della Befana può essere ipotizzata analizzando gli elementi che la caratterizzano: abbigliamento, comportamento, modalità di spostamento, tipologia dei doni.

L’abbigliamento della Befana

La Befana è vestita con abiti consunti e le sue scarpe sono rotte. Questo ci dice che è povera e che non usa la sua magia per fini personali. È un modo di sottolineare la sua generosità e benevolenza.

La Befana ha i capelli legati da un foulard. Lei non indossa il cappello a punta che veniva assegnato alle streghe dopo un processo per segnalare a tutti la loro cattiveria e pericolosità sociale. Questo ci conferma che la Befana è una strega buona.

La calza della Befana

I doni della Befana sono piccoli e sono tutti contenuti nella calza. Anche San Nicola riempiva le calze nella leggenda all’origine del suo passaggio, poi però ha smesso di usarle. Babbo Natale ora trova calze decorative troppo piccole per tutti i pacchi che si lascia dietro e quindi deve depositare il suo carico sotto l’albero di Natale.

La Befana vola sulla scopa

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scopetta della fortuna
Il volare sulla scopa rende ai nostri occhi la Befana una strega.
L’avere le scarpe rotte è un buon motivo per farle preferire gli spostamenti aerei alla consegna via terra. Vola anche Babbo Natale, che ha un aspetto ben più ricco e pasciuto. Probabilmente si impiega meno tempo e si fa meno fatica a trasportare i doni tagliando per la via più diretta e sgombra di ostacoli: il cielo.

Una correlazione più antica ci dice che la scopa serve a pulire le case, è quindi un simbolo di liberazione dalle scorie del passato e di benvenuto per il nuovo. A Roma in questi giorni la gente si regala scopette portafortuna proprio per augurare che scaccino i guai e preparino l’arrivo delle buone notizie.

La Befana porta anche il carbone

Nella mia famiglia le calze sono veri calzini e il contenuto è rigorosamente avvolto in carta di giornale. In altre famiglie sembra che la Befana abbia esternalizzato il lavoro e vedo consegnare calze Made in Supermarket in cui il vero carbone è stato sostituito da una schiuma solida di zucchero nero.

La Befana è l’unica figura tra le molte che portano doni nel periodo invernale a consegnare ancora carbone e cipolle per punizione. Lei sa che non siamo stati sempre buoni e ce lo ricorda. Gli altri ormai si limitano a lodare e premiare le buone azioni chiudendo un occhio su tutto il resto. San Nicola manda i suoi aiutanti a spiare il comportamento delle persone ma ha smesso di vendere come schiavi i bambini cattivi. Babbo Natale ha un registro in cui annota tutte le azioni compiute e assegna loro un valore. La Befana no, lei riesce a fare tutto a mente.

E infine, bruciamo la vecchia!

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Falò a fine feste
Il carbone nella calza ci ricorda anche che il vecchio, una volta esaurito il suo compito, finisce bruciato. Il grande falò col fantoccio è un richiamo all’accettazione della mortalità e alla celebrazione della fine del ciclo. La gente osserva la direzione del fumo per trarne auspici e si gode il calore sprigionato dai falò.

La vecchia che vola sui campi di notte è stata assimilata anche alle donne che distribuivano fertilità alla campagna e garantivano il raccolto dell’anno successivo. Queste donne erano in attività nelle 12 notti dopo Natale e accompagnavano le celebrazioni di Giano (il dio delle porte e dei passaggi, da cui Gennaio) e Strenia (dea del nuovo anno in onore della quale ci si scambia le strenne).

 

 

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